domenica 25 gennaio 2015

Ulisse- 1 episodio :Telemaco - XIV quadro : “Servo di 3 padroni”


Lettura ad alta voce testo italiano 

                                                                                                     ***                                                                                            

Testo con Collegamento  alle note 

                                   Trascritto da Traduzione di: Giulio  de Angelis Medusa Mondadori 1970


Seguitò a camminare, aspettando che gli si rivolgesse la parola e trascinandosi dietro il bastone. Il puntale lo seguiva leggermente sul sentiero squittendogli alle calcagna. Il mio spirito familiare, dietro di me, che chiama Steeeeeeeephen. Una linea ondulata lungo il sentiero. Ci cammineranno sopra stasera, venendo qui al buio. Vuole quella chiave. È mia, ho pagato io l'affitto. E ora mangio il suo pane che sa di sale. Dàgli anche la chiave. Tutto. La chiederà. Questo era nei suoi occhi.
- Dopo tutto, cominciò Haines...
Stephen si voltò e vide che il freddo sguardo che lo aveva misurato non era del tutto malevolo.
- Dopo tutto, direi che si è sempre in grado di liberarsi. Si è padroni di se stessi, mi pare.
- Italiana? disse Haines.
Una babilonica sovrana vecchia e gelosa. Inginocchiati davanti a me.
- E ce n'è un terzo, disse Stephen, che mi vuole per lavori spiccioli.
- Italiana? ripeté Haines. Che vuol dire?
- Il governo imperiale britannico, rispose Stephen, accendendosi in volto, e la santa chiesa cattolica apostolica romana.
Prima di parlare, Haines si staccò dal labbro inferiore qualche filo di tabacco.
- Capisco perfettamente, disse calmo. Un irlandese deve pensarla così, direi. Noi in Inghilterra sentiamo di avervi trattato piuttosto ingiustamente. Parrebbe che la colpa sia della storia.
Gli alteri, possenti attributi fecero rimbombare nella memoria di Stephen il trionfo delle loro bronzee campane: et unam sanctam catholicam et apostolicam ecclesiam: il lento evolversi e mutare del rito e del dogma simili ai suoi peregrini pensieri, alchimia di stelle. Simbolo degli apostoli nella messa di Papa Marcello, le voci fuse, ciascuna cantando forte nell'asserzione: e dietro il loro cantico l'angelo di scolta della chiesa militante disarmava e minacciava gli eresiarchi. Una torma di eresie in fuga con le mitrie a sghimbescio: Fozio e la genìa di schernitori uno dei quali era Mulligan, e Ario, che aveva battagliato tutta la vita sulla consustanzialità del Figlio col Padre, e Valentino, che spregiava il corpo terreno del Cristo, e il sottile eresiarca africano Sabellio che sosteneva che il Padre era Figlio di Se Stesso. Parole che Mulligan aveva detto un minuto prima per canzonatura all'estraneo. Vana canzonatura. Il vuoto incombe certamente su tutti quelli che tessono il vento: minacciati, disarmati e sconfitti dagli angeli della chiesa schierati in battaglia, l'oste armata di Michele, che la difende sempre nell'ora del conflitto, con lance e usberghi.
- Naturalmente sono un britanno, disse la voce di Haines, e sento da britanno. E non voglio neanche vedere il mio paese cadere in mano di ebrei tedeschi. Attualmente, è questo il nostro problema nazionale temo.
  


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Con l'aiuto di google ho cercato di tradurre qualche passo da alcune note  tratte da

joyceproject.com

           

Garvin ipotizza che Joyce abbia acquistato la sua ashplant durante una delle sue visite a Mullingar e parti circostanti di Westmeath , nel 1900 e 1901.

  Un " ashplant "è un bastone ricavato da un alberello che è stato tagliato sotto la superficie del terreno. La radice principale di molte alberelli di frassino prende una curva orizzontale per diversi centimetri, sotto la superficie, prima di continuare il suo percorso verso il basso; tale alberello fornisce una maniglia naturale quando il bastone è invertita (comunicazione personale da Don Gifford).L’Ashplant di Stephen ha un " puntale ", un anello metallico o cappuccio posto all'estremità dell'albero per evitarne  la rottura  o il logoramento. In Telemaco lo " stridio "del metallo raschiato contro la pietra gli fa pensare a uno spirito animalesco soprannaturale assistente di un mago.
All'inizio di Proteus , Stephen pensa: " La mia spada di frassino pende al mio fianco. " Più avanti nel capitolo, solleva il suo ashplant dal suo " manico "come se fosse una spada," per un affondo dolce. "Questa azione giocosa anticipa una azione culminante in Circe , quando Stephen grida, " Nothung! "-il nome della spada magicadel ciclo dell'anello di Wagner e la alza sopra la testa con entrambe le mani per rompere il lampadario nel bordello.
Declan Kiberd dice " Gli antichi bardi irlandesi, una volta nell'antica Irlanda erano una figure potenti, secondi solo al capo Ma quei giorni sono ormai lontani, e Stephen è assolutamente marginale nell'Irlanda colonizzata odierna. Eppure porta un bastone da passeggio di frassino per evocare ricordi di quei Vati che portavano una canna come simbolo del loro potere di profetizzare. Erano spesso ciechi o miopi, quindi l'asta li ha aiutava a sentire la loro strada .





Fozio e la genìa di schernitori uno dei quali era Mulligan, e Ario, che aveva battagliato tutta la vita sulla consustanzialità del Figlio col Padre, e Valentino, che spregiava il corpo terreno del Cristo, e il sottile eresiarca africano Sabellio che sosteneva che il Padre era Figlio di Se Stesso. Parole che Mulligan aveva detto un minuto prima per canzonatura all'estraneo
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L’Ulisse di Joyce contiene numerosi riferimenti al dogma cattolico della SS. Trinità, al pensiero di Aristotele e al rapporto fra Shakespeare e le sue creazioni letterarie. Tendenzialmente, la critica joyciana vede in questi temi altrettante metafore dell’incapacità creativa di Stephen Dedalus, ma questo saggio intende dimostrare che sulla base di alcuni passaggi specifici di Tommaso d’Aquino e di Aristotele, opportunamente rielaborati, Joyce attribuisce a Dedalus il ruolo di Creatore del romanzo nonché Padre, Prima Persona di una trinità completata da Bloom e Molly. Nell’interpretazione di Ennio Ravasio, Ulisse è il prodotto finale della teoria estetica di Dedalus, che individua nel mistero dell’Incarnazione la più alta manifestazione di quella che Walter Pater, importante punto di riferimento nella formazione culturale di Joyce, ritiene essere il fine ultimo di ogni prodotto artistico: la sintesi perfetta fra materia e forma. La questione del rapporto interattivo fra materia e forma è alla base di una serie di scelte stilistiche operate da Joyce. In particolare, questo saggio rivela l’esistenza in Ulisse di una “sezione presocratica”, dall’undicesimo al quattordicesimo episodio, frutto della manipolazione di una ben precisa materia prima: il pensiero di quattro filosofi che, in un raffinato gioco di specchi, indagano appunto sull’arché, sulla materia prima da cui tutto trarrebbe origine.

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